Vogliamo la luna e i robot

Come la rivoluzione digitale ha modificato il mondo del lavoro Michele Zacchi intervista Sergio Bellucci
da www.leggilanotizia.it

 

“Per molti anni, soprattutto nel nostro paese, si è pensato che il lavoro al computer fosse un tema che interessava solo i creativi digitali, le persone che lavorano su Internet, che fanno i siti o gli informatici. Invece tutto il lavoro viene trasformato dalle tecnologie digitali. Anzi tutta la vita. Spesso sento dire da alcune persone che loro non usano il computer e, dopo qualche minuto, salgono sulla loro macchina la mettono in moto e vanno via. Quelle persone non sanno che aprendo la loro auto e guidandola utilizzano decine di piccoli o grandi computer che governano la loro auto. Apertura delle porte, accensione, sterzo, freno, impianto di climatizzazione, luci, per non parlare di navigatore, radio e mille piccole cose che hanno dentro la loro auto. O al polso, o in salotto (pensiamo alla TV di oggi, fatta di decine di computer specializzati nella costruzione delle immagini o del suono. Insomma, dagli uffici (oggi non c’è ufficio o scrivania che non abbia un computer e che questo non sia connesso alla rete) agli impianti industriali, dai telefoni agli acquedotti, dai semafori alle casse dei supermercati, dal taccuino elettronico del cameriere alla stampante 3D del nostro dentista con il quale fa le nostre protesi. Tutto è stato investito dalla trasformazione introdotta dal digitale. Alcune volte l’innovazione ha cambiato solo le modalità con le quali si facevano i vecchi lavori. Spesso li ha cancellati e ha generato nuove modalità di lavoro o nuove professioni."

Questo avrà grandi impatti sulla forma del lavoro.” Quale organizzazione del lavoro ci dobbiamo attendere.

“I cambiamenti riguardano sia le modalità con le quali lavoriamo, in poche parole la qualità della nostra professione, sia la dimensione dei lavori che rimarranno disponibili. Oggi si annunciano macchine in grado di costruire case, di produrre oggetti, cibo addirittura organi umani con processi di stampa. L’impatto delle tecnologie digitali modifica il lavoro nella forma che  abbiamo conosciuto fino ad ora. Molte delle professioni, operaie e impiegatizie, che abbiamo conosciuto nei decenni scorsi si assottiglieranno fino a scomparire per effetto dei processi di automazione. I lavori che sembrano poter resistere sono quelli di cura, i lavori più semplici (e anche meno retribuiti) e i lavori creativi, quelli nei quali l’intelligenza artificiale non è in grado di sostituire l’inventiva umana.

La politica ha il problema di riprogettare il quadro della produzione della ricchezza, della sua redistribuzione. Per far questo abbiamo bisogno di cambiare la forma del lavoro così come lo abbiamo conosciuto fino ad ora.
Serve una grande transizione verso un nuovo modo di vivere e produrre. Di questo dobbiamo preoccuparci, di questo dobbiamo occuparci. Di fronte ai cambiamenti possiamo essere soggetti passivi che li subiscono o soggetti attivi che costruiscono il nuovo di cui c’è bisogno.

Noi siamo per questa seconda visione.”

 

Le tecnologie sono oggi estremamente flessibili e permettono la creazione personale di oggetti di cui il singolo ha bisogno. Vuol dire che il valor d'uso riprende forza e importanza?

“Il nuovo modo di produrre che le tecnologie digitali stanno affermando cambierà totalmente l’idea di merce così come l’industrializzazione ce l’ha consegnata. Siamo ad un bivio. Noi siamo stati abituati alla produzione di massa industriale come modalità di produzione di ciò che serviva a soddisfare i nostri bisogni. Nel fare questo abbiamo cancellato la modalità precedente, quella in cui ognuno produceva le cose che servivano alla propria sopravvivenza. Oggi le potenzialità delle nuove macchine, l’abbattimento dei costi che deriva dall’aumento della capacità di calcolo delle macchine digitali, la loro flessibilità ad essere impiegate per un enorme spettro di attività, ci consegna l’inizio di una fase nuova dell’umanità. In questo nuovo mondo possiamo tornare a lavorare per produrre ciò di cui abbiamo bisogno rompendo i processi di industrializzazione e di lavoro salariato così come l’abbiamo conosciuto negli ultimi secoli.

Questa novità è accompagnata dal fatto che molte attività possono contare sui modelli di economia della condivisione, quelle capacità che le persone hanno di mettersi in comune e di soddisfare un bisogno, una aspettativa,  un desiderio. Queste attività, oggi, possono addirittura generare una moneta di nuova generazione, coniata senza il bisogno di una banca centrale che ne controlli il flusso. Una produzione decentrata e molteplice che si basa sullo svolgimento di un lavoro sociale che l’attuale forma del lavoro non è in grado di retribuire.

In altre parole, si sta aprendo la possibilità che la società si svincoli dall’asservimento alla attuale moneta, al suo ciclo, alle sue logiche, ai suoi “proprietari”. Uno smarcamento totale dal tallone che sta soggiogando l’umanità.

Abbiamo le conoscenze e le macchine necessarie alla costruzione di un mondo nuovo. Facciamolo. E facciamolo prima che sia troppo tardi e che il vecchio impedisca, per sempre, al nuovo di nascere.”